Tutti o quasi i miei coetanei sono andati in giro per Spoleto con il motorino smarmittato.
Un rumore insopportabile per molti. Le marmitte a spillo, chi se le ricorda? Quelle che trasformavano il normale rumore del cinquantino in una specie di fischio acuto e minaccioso.
Per fare la miscela di benzina e olio, il carburante di quelle specie di rumorosi “scallapizzette” i più esperti usavano l’olio di ricino che serviva per migliorare le prestazioni. Almeno così dicevano, ma magari era solo una citazione riferita a pochi decenni prima e suggerita dal nonno nostalgico.
Tutti all’uscita da scuola abbiamo attraversato la strada sulle strisce pedonali guardando minacciosi gli automobilisti che hanno poca voglia di dare la precedenza al pedone e abbiamo ostentato l’aria tipica dell’adolescente che indica le strisce e invita ad andare piano.
Insomma siamo stati tutti antipatici. In molti lo siamo ancora. Io fra i primi.
Però adesso siamo dalla parte di quelli che si disturbano per il rumore eccessivo di alcuni motorini, per i ragazzi che in branco attraversano la strada e per tanto altro.
Da grandi abbiamo cambiato atteggiamento e adesso dichiariamo per esempio, di essere contro i muri. Prima non ce ne fregava niente di tutti questi muri.
Quelli che dividono come quello di Berlino, che un mercato pareggiato, una evanescente speranza e un Papa dell’est hanno buttato giù.
Un muro come quello che hanno costruito in Israele.
Ci sono passato lì. Da turista ci vuole un attimo. Da palestinese anche se sei una mamma con i tuoi bambini, in genere ti tengono lì per 10, anche 20 ore. Ho visto soldati dell’esercito israeliano con armi automatiche, che smontano la macchina dei palestinesi mentre i pullman vanno e vengono indisturbati trasportando turisti sorridenti e curiosi.
Poi ho visto anche quello che divide il Messico dagli Stati Uniti. Da una parte i tutori dell’ordine USA a cavallo, armati, dall’altra un branco di straccioni con bambini appresso e abiti strappati.
Chi si dichiara apertamente a favore dei muri? Poche pochissime persone che secondo me sono venute al mondo con il compito di far sentire intelligenti tutti gli altri.
Quindi siamo tutti o quasi contro i muri.
Però non ci rendiamo conto che abbiamo la tendenza a rinchiudere noi stessi dentro un recinto. Dietro un muro, lasciando fuori gli altri.
Qualcuno diceva che se costruisci un muro dovresti pensare a tutto quello che lasci fuori. Quello che perdi, non quello che rimane dalla tua parte che è poca roba.
Succede quando si sposa un comportamento e non un’idea. Un’appartenenza e non un progetto. Una maglia e non una speranza.
Suggerisco di fare più caso ai concetti che agli schieramenti, anche se per la verità le parole pesano poco. La storia di un movimento ci fa capire come la pensano.
Buttarsi da una parte o dall’altra indebolisce di sicuro e riduce almeno della metà la platea delle persone che possono dire la loro, ma non lo fanno perché… “tu non sei dei nostri“.
